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Clima estremo, uno dei più grandi problemi di questo secolo PDF Stampa E-mail
20180303_clima-estremo-e-cambiamenti-climaticiLe sfide del cambiamento climatico e gli scenari di rischio analizzati dall’esperto Giorgio Budillon

L’ondata di gelo che si è abbattuta sull’Europa a febbraio  verrà ricordata a lungo. Così come le temperature sopra lo zero decisamente fuori stagione registrate in alcune aree del Polo Nord. Fenomeni atmosferici anomali che secondo gli esperti potranno verificarsi con sempre maggiore frequenza nei prossimi anni, a causa del riscaldamento globale provocato dai gas serra.

Ad affermarlo è Giorgio Budillon, climatologo, docente all’università Parthenope  di Napoli e membro del comitato scientifico di Green Cross: «I picchi di calore incredibile registrati nella zona artica costituiscono senz’altro dei segnali preoccupanti e associabili ai cambiamenti climatici» spiega Budillon, che aggiunge: «L’anomalo riscaldamento della stratosfera terrestre sopra la regione artica, e di conseguenza l’aumento di energia del sistema, sono in grado di produrre una rottura del cosiddetto vortice artico: questo, spezzandosi, tende a muoversi verso le latitudini più meridionali, portando un consistente calo termico come quello che abbiamo visto in Europa. D’altra parte, man mano che il ghiaccio si fonde e diventa acqua, anche l’albedo, ovvero la capacità della superficie di riflettere le radiazioni solari, diminuisce. Così sempre più energia viene assorbita dal sistema ambiente e ciò contribuisce a scatenare ulteriormente i cambiamenti climatici».

«La tendenza è molto chiara - spiega Budillon -: sia i trend (serie storiche) che i risultati dei modelli ci dicono che la temperatura continuerà ad aumentare a livello globale fino a fine secolo, da un minimo di 1 fino a un massimo di 4 gradi centigradi, e non si fermerà. Il valore esatto è legato alle contromisure che verranno adottate, cioè dipenderà in sostanza da quello che faranno i politici per limitare le emissioni di gas serra in atmosfera».

Le previsioni dell’aumento di livello dei mari non sono di certo rassicuranti. «Gli scenari più ottimistici - rivela l’esperto - prevedono un innalzamento medio del livello del mare di circa 40 cm fino a fine secolo; quelli più pessimistici indicano un aumento di 80-100 cm. Il che significa che le zone costiere sono ad altissimo rischio. E non solo perché il mare occuperà le terre emerse, ma anche perché aumenterà il potere di penetrazione del cuneo salino e quindi la possibilità che le acque salate inizino a “inquinare” le falde acquifere».

Mai come in questo tempo, la sfida della conversione ecologica è legata anche alle capacità dei governi di pianificare azioni per rispondere adeguatamente ai cambiamenti climatici. Bisognerà capire se, al passo indietro del presidente Usa Donald Trump, corrisponderà un concreto impegno internazionale che tenga fede agli obiettivi di riduzione dei gas serra e di aumento delle energie rinnovabili. Un lavoro globale a difesa delle evidenze scientifiche e del principio di precauzione, come linee guida di una politica capace di guardare al domani, e non solo all’immediato del consenso.

3 MAR 2018
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